lunedì 25 maggio 2009

Mente matematica


Alcune settimane fa, durante l'esperienza di tirocinio, ho avuto l’opportunità di visitare la scuola Montessori in via Milazzo n. 9 a Milano. Questa visita mi ha permesso di “incontrare” Maria Montessori attraverso coloro che in quella scuola ci vivono e ci lavorano: i bambini con le loro insegnanti.
Mi ha colpito il rispetto per la libertà del bambino che si traduce in una metodologia didattica ed in una vita di classe molto diversa da quella che io conosco nella scuola “comune”.
Maria Montessori applicò sin dagli esordi del suo lavoro un particolare sistema educativo, basato sulla convinzione che il bambino, anche quello con handicap, possiede dalla nascita il germe della propria personalità e che l'adulto non debba far altro che aiutarlo a esprimerla e svilupparla, creando un ambiente favorevole alla crescita di autonomia, spirito di indipendenza e buon comportamento sociale.
All'immagine tradizionale del bambino che è tutto gioco e immaginazione, la Montessori sostituì l’idea di un bambino concentrato, disciplinato, calmo, impegnato nel suo lavoro. Per far questo dovette però sottrarre il bambino dalle influenze negative dell'adulto, dalle inibizioni e repressioni del suo bisogno di attività e lo collocò in un ambiente adatto, costruito in ragione delle sue possibilità d'azione, così da potersi rivelare come soggetto dotato di una straordinaria energia creativa e di notevoli potenzialità di sviluppo.
Secondo la Montessori, nella prima fase dello sviluppo da 0 a 3 anni, la mente del bambino si configura come mente assorbente, che assimila inconsciamente, ma in modo selettivo, i dati con cui viene a contatto nel suo ambiente. È la fase più creativa. L'apprendimento, in questo periodo, si identifica col vivere stesso, è un processo vitale durante il quale il bambino realizza le sue prime forme di adattamento all'ambiente.
La seconda fase occupa i tre anni successivi, quelli che coincidono con l'educazione prescolastica. Alla mente assorbente si accosta la mente cosciente che ubbidisce al bisogno del bambino di mettere ordine nell'enorme cumulo di impressioni assorbite nel periodo precedente.
La Montessori introdusse qui l'idea di mente matematica e mise in evidenza che la mente del bambino è matematica ed agisce quindi fin dai primi anni di vita.
Parlando di intelligenza matematica, disse che senza l’educazione e lo sviluppo matematico, non è possibile comprendere il progresso della nostra epoca, né parteciparvi. Paragonava un uomo senza cultura matematica, ad un analfabeta in un contesto in cui domina la cultura letteraria.
Il bambino sin dai primi anni ha uno spirito matematico che tende verso l’esattezza, la misura, il rapporto. L’educazione, a suo parere, deve mirare a far ordine nella mente del bambino e, per far questo, l’insegnamento dell’aritmetica non deve seguire un processo lineare, ma procedere per livelli o piani. Deve partire da un’idea centrale e sviluppare parallelamente le conoscenze che portano, attraverso l’analisi, a considerare e ad approfondire i dettagli.
Il suo metodo promuove il processo di costruzione della mente del bambino. I bambini vengono liberati dall’obbligo di imparare a memoria regole che non capiscono. La scuola “tradizionale” si basava sulla memorizzazione di procedimenti che non era necessario capire, così come non era necessario comprendere il perché si operasse in un certo modo e come un procedimento si collegasse ad un altro.

lunedì 18 maggio 2009

Intervista al "mio" genio della porta accanto.


Qualche giorno fa sono riuscita finalmente ad intervistare "il genio della porta accanto", con cui mi ero messa in contatto già da parecchie settimane, ma che risulta essere molto impegnato per via del lavoro che lo vede continuamente in movimento tra Torino e Roma. E' stato un incontro piacevole, interessante e pure divertente. Mi ha colpita molto il fatto che la sua maestra si sia servita del gioco dello scopone scientifico per avvicinarlo alla matematica.
... non mi sarebbe mai venuto in mente!!! :-)
Trovo particolarmente significativa la riflessione che "il genio" ha fatto rispetto a come la matematica raramente venga insegnata in funzione delle sue applicazioni pratiche, così che molti si trovano senza avere gli strumenti adatti di valutazione in tante situazioni. Mi viene per esempio in mente l'uso diffuso di giocare al superenalotto, lotterie ecc. in cui le probabilità di vincita sono sempre a sfavore del giocatore, ed è proprio la matematica che ci aiuta a dimostrarlo.

lunedì 4 maggio 2009

si può partire dal gioco...


La matematica ci offre uno schema di riferimento ed un linguaggio mediante cui orientarci adeguatamente nell’ambiente esterno, individuando dei punti di riferimento universali, condivisi e comuni.
Tante volte, nel corso di questo anno scolastico, ho avuto occasione di verificare come i bambini, operando concretamente con i numeri, nelle situazioni quotidiane più semplici, scoprano il valore dell’apprendere la matematica.
Se vogliono giocare a bandierina, ad ogni bambino dovrà corrispondere un numero, se vogliono giocare a nascondino, qualcuno dovrà recitare ad alta voce i numeri, se vogliono offrire ad ogni compagno un pasticcino per il loro compleanno, dovranno prima verificare che ci siano tanti pasticcini quanti sono i compagni...
Così scoprono che la matematica è un linguaggio imprescindibile, bello, alla loro portata ed in questo modo rafforzano la motivazione ad apprendere e a superare quelle difficoltà che in ogni percorso di apprendimento è possibile che insorgano.
Penso che l'insegnante debba quindi partire da esperienze quotidiane, ludiche e divertenti per agevolare l'incontro dei bambini con la matematica.