giovedì 9 luglio 2009

La diversità fa gruppo!


In queste settimane, il mio gruppo ed io ci siamo dedicate al confronto e alla rielaborazione del materiale raccolto precedentemente.
Ognuna di noi ha messo in gioco ciò che la caratterizzava in termini di risorse e di possibilità. È stata per tutte quante particolarmente significativa l’esperienza di lavoro di Lidia presso la classe 2^ elementare della Fondazione Manziana di Crema che ci ha dato lo spunto concreto da cui partire per penserare alla stesura della unità di apprendimento.
Il lavoro ha previsto momenti di studio individuale e momenti collettivi di raccolta, confronto e rielaborazione del materiale in cui ognuna ha cercato di mettere in atto quelle capacità che la caratterizzano.
Già in altri contesti ho avuto la possibilità di lavorare in gruppo, ma la cosa che mi colpisce sempre è il vedere come dal confronto tra persone anche molto diverse possa uscire sempre qualcosa di interessante. Le caratteristiche positive di ogni membro possono diventare una risorsa per tutti e i difetti possono venire smussati un po' ... più volte le mie compagne mi hanno scherzosamente distolta dal rischio che io spesso corro di essere una cervellotica pignola! ... :-)

sabato 4 luglio 2009

Mappe concettuali per un apprendimento significativo


Le mappe concettuali realizzate in questi giorni, sia per la preparazione delle prove di gruppo che di quelle individuali, mi sollecitano a riflettere sul loro uso e su come l'apprendimento e l'insegnamento non si possano ridurre ad un semplice accumulo di nozioni e di informazioni disorganizzate.
Nel testo di Clara Colombo Bozzolo e Angelo Costa "Nel mondo dei numeri e delle operazioni", si dice che i concetti sono degli schemi di relazioni tra le informazioni che si fondano sul loro significato.
Per questo, affinchè un apprendimento si possa definire come "significativo" si deve basare sull'elaborazione dei significati, così da porre attenzione alle conoscenze, ai concetti in quanto organizzatori cognitivi.
Ausubel, con la sua teoria dell'apprendimento, sottolinea l'importanza di connettere le nuove informazioni che si acquisiscono con i concetti e le strutture rilevanti già possedute dal soggetto in apprendimento, così da favorire anche il passaggio dalla memoria a breve termine alla memoria a lungo termine e garantirne un'acquisizione duratura.
Credo che la stesura delle mappe concettuali sia una modalità utile a far emergere le relazioni significative tra le informazioni, uno strumento utile per imparare favorendo la rappresentazione di concetti e relazioni non facilmente esprimibili a parole.

lunedì 29 giugno 2009

mappe concettuali e non solo...


In questa settimana ho iniziato a realizzare le prime mappe concettuali mediante l’utilizzo dei software Cmap Tools, Genopro e MyHeritage.
La sensazione che provo dall’utilizzo di questi programmi è molto positiva. Mi incuriosiscono e mi stimolano a scoprirne le varie applicazioni. Il loro uso è abbastanza intuitivo per cui, sebbene non mi sia mai capitato di utilizzarli prima, sto riuscendo a svolgere “i compiti” senza troppe difficoltà e divertendomi anche parecchio.
La cosa più interessante è che le mappe concettuali possono essere applicate a qualunque tipo di “sapere” e permettono di sistematizzare conoscenze, idee, procedure di diverso genere ed argomento.

venerdì 26 giugno 2009

Un mondo di numeri


In questi giorni mi sono dedicata all’analisi di due articoli tratti da due diversi quotidiani (uno a diffusione nazionale e l’altro locale) individuando e classificando i termini che fanno riferimento a concetti o simboli matematici. Credo che tale esercizio mi abbia permesso soprattutto di comprendere come il linguaggio matematico non si serva solamente di simboli numerici (1, 2, 3, 4 …), ma anche di termini che indicano delle relazioni di quantità (maggiore, minore, uguale…), delle funzioni o degli andamenti. I numeri ricorrono anche per indicare delle date e diventano un elemento importante per misurare e definire il susseguirsi del tempo e collocare ogni evento seguendo un ordine preciso. I numeri vengono utilizzati per definire dei “codici” (numeri di telefono, numero di matricola, di targhe automobilistiche, codici pin, password, ….) risultando comunque capaci di trasmettere delle informazioni (per esempio il prefisso telefonico 06 / 9317XXX è tipico di una specifica zona del Lazio, mentre lo 02/ 4683 XXX di una specifica zona della Lombardia).

lunedì 15 giugno 2009

La matematica è una competenza innata.


Ricercando dei documenti che mi permettessero di comprendere meglio il rapporto tra bambini e matematica, mi sono imbattuta in una ricerca i cui risultati risalgono al maggio del 2007 e che mi sembra particolarmente significativa.
Tale ricerca è stata condotta da Camilla Gilmore dell'Università di Nottingham e da Elizabeth Spelke dell'Università di Harvard ed è stata pubblicata su Nature. Secondo questo studio non è necessario padroneggiare la logica di un sistema numerico simbolico per riuscire a fare addizioni e sottrazioni approssimate.
I bambini sono in grado di risolvere problemi con grandi numeri ben prima che venga loro insegnata l'aritmetica. La capacità di afferrare i principi matematici, come quelli che regolano le operazioni di calcolo è quindi innata e non un dono riservato a pochi fortunati.
I ricercatori sono arrivati a questa conclusione sottoponendo a bambini di cinque anni con background diversi una serie di problemi sotto forma di scenari ipotetici in cui figuravano addizioni e sottrazioni di numeri, da 5 a 98. I bambini non avevano ricevuto una formazione specifica di aritmetica, ma sono riusciti ugualmente e con buoni risultati nelle operazioni di calcolo, rispondendo a domande come: "Se Sara ha 64 caramelle e ne regala 13 e Giovanni ne ha 34, chi di loro ne ha di più?".
In molti casi pur non arrivando ad un risultato esatto, si sono spinti ad una buona approssimazione.
La spiegazione di come questo sia possibile viene dal comprendere che i bambini hanno un sistema di rappresentazione dei numeri non simbolico, che permette loro di fare sottrazioni ed addizioni approssimate di quantità non simboliche, come, ad esempio un gruppo di puntini o una sequenza di toni. Questa capacità viene usata anche per fare addizioni e sottrazioni di quantità simboliche.
I test sono stati fatti in ambienti diversi, nella quiete di un laboratorio e nell'atmosfera più caotica di una classe: in quest'ultimo caso i risultati sono stati leggermente inferiori, forse per il fattore distrazione.
La matematica, quindi, è una competenza naturale nei più piccoli, che riescono ad applicarla anche senza una specifica istruzione scolastica.
Questa notizia mi sembra proponga un cambio di prospettiva notevole, soprattutto in riferimento all'erronea distinzione tra coloro che possiedono "il dono dei numeri" e coloro che possiedono il "dono delle lettere". Tutti quindi possiedono competenze ed attitudini matematiche.
Significativo è anche il suggerimento di queste studiose ad insistere e coltivare questa facoltà nascosta in tutti i bambini sin dalla più tenera età.

giovedì 4 giugno 2009

Emmy Noether e... il "soffitto di cristallo".


In queste settimane mi sono dedicata alla preparazione dell’intervista al genio della matematica.
Ho deciso di concentrarmi sullo studio di Emmy Noether (1882 – 1935) una matematica tedesca di origini ebree la cui produzione scientifica riguarda l'algebra non commutativa, la teoria algebrica dei numeri e la formulazione del Teorema che porta il suo nome.
Emmy Noether, ancora oggi, è considerata come una delle donne più importanti di tutta la matematica e ricevette numerosi riconoscimenti. In particolare Albert Einstein, suo grande amico che nutrì per lei una profonda stima, poche settimane dopo la sua morte, si espresse così in un commento che venne pubblicato sul New York Times: «Nei giorni scorsi, è morta a 53 anni una grande matematica, la professoressa Emmy Noether, già appartenete all’Università di Gottinga, e negli ultimi due anni attiva al Bryn Mawr College. Nel giudizio dei più competenti matematici viventi, la signora Noether era il genio creativo più notevole emerso da quando è stata resa possibile l’educazione superiore per le donne. Nel campo dell’algebra, a cui hanno intensamente lavorato per secoli i più dotati matematici, ella ha scoperto metodi che si sono rivelati di enorme importanza per la crescita dell’attuale giovane generazione di matematici [...]».
Queste parole danno l'idea del grande contributo da lei offerto alla scienza in un'epoca in cui era molto difficile per una donna scardinare sia i pregiudizi sociali che l’ignoranza dilagante e conseguire una formazione universitaria paragonabile a quella di un uomo.
La sua storia e le numerose difficoltà ad ottenere il meritato riconoscimento da parte dei colleghi, mi riporta alla mente la storia di tante altre donne di ieri e di oggi che, purtroppo, si trovarono e si trovano tutt'ora a dover subire numerosissime discriminazioni e a doversi scontrare quotidianamente con un "soffitto di cristallo", cioè con una barriera invisibile che impedisce il raggiungimento di posizioni apicali in molti ambiti d'azione. Questo soffitto è trasparente e permette di vedere ciò che sta oltre, ma non permette di andare oltre, di superarlo. Spesso questo soffitto è fatto di pregiudizi e stereotipi immotivati ed irragionevoli.
Emmy Noether svolse un ruolo decisivo nell’avvicinare le scienze al mondo femminile, nel confutare il pregiudizio secondo cui una donna non può produrre lavori scientifici originali.
Guardando alla storia dell'ultimo secolo, molte cose sono cambiate ed oggi il numero delle scienziate è in aumento, ma credo che sia importante conoscere e comprendere l'esperienza ed il contributo di coloro che hanno dedicato tutta la loro vita a lavorare per qualcosa che "andasse oltre" loro stesse.
Per ulteriori approfondimenti rispetto a questo tema consiglio il sito http://www.kila.it/ promosso dalla Commissione Regionale Pari Opportunità e dalla Consigliera di Parità della Regione Piemonte.

lunedì 25 maggio 2009

Mente matematica


Alcune settimane fa, durante l'esperienza di tirocinio, ho avuto l’opportunità di visitare la scuola Montessori in via Milazzo n. 9 a Milano. Questa visita mi ha permesso di “incontrare” Maria Montessori attraverso coloro che in quella scuola ci vivono e ci lavorano: i bambini con le loro insegnanti.
Mi ha colpito il rispetto per la libertà del bambino che si traduce in una metodologia didattica ed in una vita di classe molto diversa da quella che io conosco nella scuola “comune”.
Maria Montessori applicò sin dagli esordi del suo lavoro un particolare sistema educativo, basato sulla convinzione che il bambino, anche quello con handicap, possiede dalla nascita il germe della propria personalità e che l'adulto non debba far altro che aiutarlo a esprimerla e svilupparla, creando un ambiente favorevole alla crescita di autonomia, spirito di indipendenza e buon comportamento sociale.
All'immagine tradizionale del bambino che è tutto gioco e immaginazione, la Montessori sostituì l’idea di un bambino concentrato, disciplinato, calmo, impegnato nel suo lavoro. Per far questo dovette però sottrarre il bambino dalle influenze negative dell'adulto, dalle inibizioni e repressioni del suo bisogno di attività e lo collocò in un ambiente adatto, costruito in ragione delle sue possibilità d'azione, così da potersi rivelare come soggetto dotato di una straordinaria energia creativa e di notevoli potenzialità di sviluppo.
Secondo la Montessori, nella prima fase dello sviluppo da 0 a 3 anni, la mente del bambino si configura come mente assorbente, che assimila inconsciamente, ma in modo selettivo, i dati con cui viene a contatto nel suo ambiente. È la fase più creativa. L'apprendimento, in questo periodo, si identifica col vivere stesso, è un processo vitale durante il quale il bambino realizza le sue prime forme di adattamento all'ambiente.
La seconda fase occupa i tre anni successivi, quelli che coincidono con l'educazione prescolastica. Alla mente assorbente si accosta la mente cosciente che ubbidisce al bisogno del bambino di mettere ordine nell'enorme cumulo di impressioni assorbite nel periodo precedente.
La Montessori introdusse qui l'idea di mente matematica e mise in evidenza che la mente del bambino è matematica ed agisce quindi fin dai primi anni di vita.
Parlando di intelligenza matematica, disse che senza l’educazione e lo sviluppo matematico, non è possibile comprendere il progresso della nostra epoca, né parteciparvi. Paragonava un uomo senza cultura matematica, ad un analfabeta in un contesto in cui domina la cultura letteraria.
Il bambino sin dai primi anni ha uno spirito matematico che tende verso l’esattezza, la misura, il rapporto. L’educazione, a suo parere, deve mirare a far ordine nella mente del bambino e, per far questo, l’insegnamento dell’aritmetica non deve seguire un processo lineare, ma procedere per livelli o piani. Deve partire da un’idea centrale e sviluppare parallelamente le conoscenze che portano, attraverso l’analisi, a considerare e ad approfondire i dettagli.
Il suo metodo promuove il processo di costruzione della mente del bambino. I bambini vengono liberati dall’obbligo di imparare a memoria regole che non capiscono. La scuola “tradizionale” si basava sulla memorizzazione di procedimenti che non era necessario capire, così come non era necessario comprendere il perché si operasse in un certo modo e come un procedimento si collegasse ad un altro.

lunedì 18 maggio 2009

Intervista al "mio" genio della porta accanto.


Qualche giorno fa sono riuscita finalmente ad intervistare "il genio della porta accanto", con cui mi ero messa in contatto già da parecchie settimane, ma che risulta essere molto impegnato per via del lavoro che lo vede continuamente in movimento tra Torino e Roma. E' stato un incontro piacevole, interessante e pure divertente. Mi ha colpita molto il fatto che la sua maestra si sia servita del gioco dello scopone scientifico per avvicinarlo alla matematica.
... non mi sarebbe mai venuto in mente!!! :-)
Trovo particolarmente significativa la riflessione che "il genio" ha fatto rispetto a come la matematica raramente venga insegnata in funzione delle sue applicazioni pratiche, così che molti si trovano senza avere gli strumenti adatti di valutazione in tante situazioni. Mi viene per esempio in mente l'uso diffuso di giocare al superenalotto, lotterie ecc. in cui le probabilità di vincita sono sempre a sfavore del giocatore, ed è proprio la matematica che ci aiuta a dimostrarlo.

lunedì 4 maggio 2009

si può partire dal gioco...


La matematica ci offre uno schema di riferimento ed un linguaggio mediante cui orientarci adeguatamente nell’ambiente esterno, individuando dei punti di riferimento universali, condivisi e comuni.
Tante volte, nel corso di questo anno scolastico, ho avuto occasione di verificare come i bambini, operando concretamente con i numeri, nelle situazioni quotidiane più semplici, scoprano il valore dell’apprendere la matematica.
Se vogliono giocare a bandierina, ad ogni bambino dovrà corrispondere un numero, se vogliono giocare a nascondino, qualcuno dovrà recitare ad alta voce i numeri, se vogliono offrire ad ogni compagno un pasticcino per il loro compleanno, dovranno prima verificare che ci siano tanti pasticcini quanti sono i compagni...
Così scoprono che la matematica è un linguaggio imprescindibile, bello, alla loro portata ed in questo modo rafforzano la motivazione ad apprendere e a superare quelle difficoltà che in ogni percorso di apprendimento è possibile che insorgano.
Penso che l'insegnante debba quindi partire da esperienze quotidiane, ludiche e divertenti per agevolare l'incontro dei bambini con la matematica.

lunedì 27 aprile 2009

Per me, matematica è ...


Pensando alla matematica mi viene in mente un puzzle da sistemare, dove ogni pezzo posseduto ha un significato per il completamento del lavoro. La matematica ha per me il sapore di un problema che diventa sfida positiva. È la consapevolezza di avere gli strumenti per poter affrontare il problema posto. La matematica è per me anche azione creativa, capacità di risolvere problemi concreti mediante le informazioni a disposizione, per andare oltre ad una semplice somma di tali informazioni ed individuare relazioni più profonde e meno immediate, ma pur presenti sin da subito.
Per questo credo che il compito dell'insegnante non sia quello di risolvere i problemi che via via emergono dal confronto degli allievi con l'esperienza quotidiana, ma di accompagnarli nella valutazione di tali problemi e delle informazioni a loro disposizione per individuarne soluzioni percorribili attraverso l'uso critico della ragione.
Vorrei essere un insegnante che sa "moltiplicare i problemi" o semplicemente problematizzare l'esperienza, che sa supportare i suoi allievi quando si sentono frustrati e incapaci di trovare una soluzione adatta.
Dario Antiseri nel 1985 diceva: "un buon insegnamento è sempre quello che parte dai problemi che l'insegnante cattura dalla memoria culturale dei ragazzi e sui quali sa far inciampare i ragazzi".
Credo che l'insegnante debba saper far inciampare i suoi allievi nei problemi.

domenica 12 aprile 2009

Parola d'ordine: ... imparare facendo!



Riflettendo sul lavoro svolto con l’obiettivo di ricostruire il mio rapporto con la matematica, prendo coscienza del grande valore che per me ha avuto la metodologia didattica, fondata sull'esperienza, seguita dalla mia maestra della scuola primaria.
Grazie allo studio della psicologia, riconosco l’importanza che ogni insegnamento parta dal proprio “vissuto” personale e che l'allievo possa toccare con mano ogni cosa che a lui viene proposta. Quindi la psicologia e la mia esperienza mi dimostrano che solo partendo dall'esperienza l’insegnamento potrà essere efficace.
John Dewey proponeva un’idea di apprendimento che può essere riassunta nel concetto del “learning by doing”, cioè dell’imparare facendo.
Essendo spesso a contatto con bimbi di 5-9 anni, osservo che essi sviluppano le loro capacità matematiche a partire dall’uso inconsapevole di concetti matematici nelle situazioni quotidiane. Essi sviluppano le loro capacità quando fanno domande simili a queste:
Quante ce ne sono?
Quanti ne mancano?
Ce ne sono abbastanza?
Quanto è grande?
Da che parte devo andare?
È probabile che succeda?
Questo spazio virtuale e lo stimolo di documentare il mio percorso di riavvicinamento alla matematica, diventano un’occasione per pensare alla mia esperienza e guardarla con un occhio critico, così da trarne spunti di crescita personale e professionale.
Accompagno questo post con un'immagine che ritrae delle mani al lavoro e ricordo quanto diceva Maria Montessori individuando nell'occhio l'organo della vista e nelle mani l'organo dell'intelligenza.

domenica 5 aprile 2009

Ricordi di scuola elementare




Oggi ho iniziato il mio percorso reimmergendomi in un passato fatto di ricordi un po’ sbiaditi, ma ancora densi di significato, con l'obiettivo di ricostruire il mio rapporto con la matematica. Ho quindi ripercorso le tappe più importanti della mia esperienza formativa e professionale e la sensazione che ne traggo è di serenità e piacevole armonia, perchè ho riscoperto il valore di un processo di apprendimento ed insegnamento graduale che sappia di conseguenza diventare accattivante ed appassionante.

domenica 29 marzo 2009

"sfida" accettata!


Buonasera a tutti!!!
La richiesta di documentare il mio percorso di riavvicinamento alla matematica mi sorprende, ma allo stesso tempo mi incuriosisce. Nel formulare una risposta provo un po’ di difficoltà, forse dovuta ad una mia condizione di inconsapevolezza.
La sfida mi piace e decido di coglierla ma, per poter seguire veramente un percorso di riavvicinamento, desidero tornare un po’ indietro nel tempo, fino ai ricordi della scuola elementare.
Ve ne parlerò a breve…

Ciao!
Stefania